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Immagine del redattoredott. Rodolfo Vittori

Il vero obiettivo stagionale

Aggiornamento: 7 ago 2021


Si tratta di una gara contro il tempo, una specie di tappa a cronometro, nella quale, da soli, senza il supporto di nessuno, né della squadra, né dei compagni o del Gruppone, bisogna pedalare, ricoperti di cavi, sotto lo sguardo arcigno del giudice di turno.


Lo stress pre-gara inizia nel momento in cui qualcuno, della segreteria della tua squadra, ti comunica che il tuo certificato annuale sta scadendo e che, in mancanza di rinnovo, non potrai partecipare agli allenamenti e, men che meno, alle gare.


Tu stai bene, ti senti bene, recentemente il battito cardiaco a riposo è anche sceso un po’, i watt alla soglia in bicicletta si sono elevati, quindi non vedi alcun ostacolo, al momento, che ti impedisca di superare la prova.


Ma è sempre una gara, nel corso della quale può accadere di tutto.

Telefoni al centro convenzionato e prenoti la visita. Fin qui tutto bene, nessun problema evidente. Ma siamo appena all’inizio.


Arrivi con almeno quindici minuti di anticipo, e questo la dice lunga sull’ansia che ti porti dentro, tu che sei abituato ad arrivare sempre “all’ultimo minuto” e molto spesso anche oltre. E la signorina dietro al bancone legge immediatamente il tuo stato d’animo sulla tua faccia cerulea, e con una insana dose di sadismo, ti consegna il modulo del “consenso informato”che tu dovrai leggere, compilare e firmare. In questo pezzo di carta, stilato da chissà quale perfido burocrate, ti avvisano che, durante la prova, potresti avere un calo di pressione, svenimento, scompenso cardiaco, infarto, shock, coma, morte … andiamo bene. E tu firmi.


Aspetti il tuo turno sfogliando quelle riviste che stampano appositamente per gli studi medici. Voi le avete per caso mai viste in edicola? Io no.


E arriva il tuo turno: tre … due … uno … via. La porta si apre ed entri nello studio vero e proprio, dove un anziano medico depresso, senza degnarti di uno sguardo, ti dice di sederti e tu rimani lì, imbarazzatissimo, con la tua boccettina di pipì in mano che non sai dove diavolo appoggiare. Cosa se ne faranno poi della tua pipì non si sa, forse presumono che ti stia dopando?


Quando il medico alza lo sguardo dalla scheda di autoanamnesi, che ha in mano e stava leggendo, puoi leggere nei suoi occhi il forte disprezzo per questo elemento che si trova davanti a lui e che, invece di dedicarsi al giardinaggio, attività certamente più consona alla sua età e al suo apparente stato di forma, è lì a chiedergli di rilasciarli un certificato per partecipare a gare di triathlon.


– Triathlon? E’ proprio sicuro di avere scritto giusto? –


Alla tua risposta affermativa, scuote la tesa, abbassa le spalle rassegnato e si alza in piedi chiedendoti di spogliarti.


Il rito della misura del peso e dell’altezza diventano di anno in anno sempre più umilianti. I centimetri persi in altezza, ogni anno, si trasformano miracolosamente in chili guadagnati in peso. Ogni anno ti chiedi se la bilancia sia guasta, visto che pesa almeno due chili in più di quella specie di astronave Enterprise che tu hai in bagno, che già pensa bene di deprimerti ogni santo giorno che Dio manda sulla terra.


Segue la prova della vista, alla quale cerchi di barare usando sempre l’occhio che funziona meglio dei due. Il medico se ne accorge, ma non ha nessuna voglia di discutere, tanto la prova vera, dove lui potrà umiliarti veramente, deve ancora arrivare.


Ti fa salire su una cyclette, tu chiedi di regolare l’altezza del sellino per pedalare meglio, e lui ti risponde con uno sguardo di pena. Ti attacca cinquanta cavi al petto e ti spiega, per l’ennesima volta della tua vita, come funziona il test. Devi pedalare a 60 rpm e, ogni minuto, la resistenza verrà automaticamente aumentata, fino a quando non ce la farai più, e nel frattempo i tuoi dati vitali verranno registrati.


Cosa vuoi che sia. Con Zwift e Training Peaks, a casa, sai di tenere wattaggi sicuramente più elevati di quelli che potrà riprodurre quella specie di trabiccolo a pedali, e oltretutto con frequenze di 95-100 rpm.


Inizi a pedalare, ma ti è preclusa la vista dello schermo che registra la tua performance, perché è esattamente dietro di te, con il tuo torturatore seduto davanti, che imposta i dati del tuo sforzo.


– Ecco – ti dice il medico – adesso ho impostato il ciclo sullo sforzo “vedova che porta fiori in cimitero” –


ma in realtà tu senti nelle gambe che il perfido ha impostato “Passo del Pordoi”, lo senti immediatamente dai quadricipiti tetanizzati. Stringi i denti e non molli, non vuoi dargli soddisfazione. Dopo un minuto sei sul Mortirolo e un minuto ancora e incominci a vedere la Madonna che ti saluta dall’ammiraglia sugli ultimi tornanti dello Zoncolan. Miracolosamente, proprio nell’attimo in cui stai per svenire, la resistenza cala e i pedali iniziano a girare liberamente.


Il medico si alza, si porta dietro allo schermo del computer della scrivania, inizia a battere sui tasti e ti invita, con una specie di grugnito, a toglierti gli elettrodi adesivi dal petto, ed è proprio in quel momento che capisci il motivo per cui tutti i tuoi compagni di squadra sono depilati.


Ti rivesti e rimani in religioso silenzio davanti alla scrivania, in trepidante attesa del verdetto, esattamente con lo stesso stato d’animo di quando il tuo professore di liceo distribuiva i compiti in classe, corretti.


Il medico finisce, stampa, timbra, firma, alza lo sguardo, ti consegna il fascicolo e, con un sorriso ironico:


– Anche per quest’anno è andata, spero di poterla rivedere anche l’anno prossimo –

E tu te ne vai rilassato per aver superato anche quest’anno la prova, ma per tutta la strada di rientro, cerchi di interpretare meglio la frase di commiato del medico.


 

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